— Questa è falsa, la deve gettare via! — Proclamò la cassiera del supermercato sventolando la banconota da 20 euro fiera di averne scovata un’altra senza l’aiuto del rilevatore.
— Si sente già dalla carta. — aggiunse stropicciandola con fare collaudato, sprizzando aria di sufficienza.
Si sentì estremamente umiliato per l’ennesima volta. Non ne poteva più di essere trattato in quel modo e l’impotenza della sua condizione ne aggravava la percezione della contingenza, viveva quelle esperienze come incubi sempre più devastanti.
Perché doveva subire quell’inferno? Quando sarebbe finita? Si chiedeva soprattutto come la sua anima era potuta trasmigrare in una banconota falsa, immaginando il manipolo di entità superiori che l’avevano condannato a quel tragicomico Karma passivo, sganasciarsi dalle risate seguendone le peripezie dall’alto dei cieli tra un barbecue e una noiosa partita a carte.
Cos’aveva mai potuto commettere di così grave nella vita per meritarsi quel destino?
Appena tre mesi prima era stato un semplice impiegato di banca, con una vita da single trentenne che vive ancora con la madre fino a quel dannato lunedì, tornando a casa dopo la consueta ora di palestra si era fuso con lo scooter ad un tram per un colpo di sonno.
Karma
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Le stesse domande le aveva poste il giorno prima ad una gentile carta di credito, ben più ferrata sulle loro sorti, pressati in un portafoglio nella tasca posteriore di un obeso e flatulente camionista durante il lungo viaggio verso un mercato ortofrutticolo. Stranamente, i sensi erano attivi nonostante fossero intrappolati in materia inerte. L’anima nella carta di credito apparteneva a una donna di mezz’età direttrice di un grande ufficio postale che era spirata addormentandosi in una sauna difettosa il giorno del suo cinquantesimo compleanno. Dalle testimonianze che aveva raccolto in ormai quasi un triennio di vita da tessera in plastica rigida, si era fatta delle idee abbastanza definitive su quello che sarebbe potuto essere l’agognato epilogo di quell’infausta condizione. Gli aveva spiegato che, a quanto pareva, la liberazione e la rinascita potevano avvenire solo nel momento in cui fossero stati adoperati per un’azione che prescindeva dalla loro funzione oggettiva. Lei era ottimista, aveva sentito che un medico dell’ASL trasmigrato in una tessera sanitaria, era stato liberato dal suo possessore, un chitarrista metallaro che un giorno l’aveva usato come plettro durante una jam improvvisata. Purtroppo il suo proprietario, il camionista, era solo appassionato di Karaoke e non suonava strumenti a corda ma non disperava, sarebbe potuto accadere qualcos’altro, chissà. — La vedo nera allora. — aveva commentato lui lapidario. In quale modo poteva mai essere usato se non come oggetto di una squallida transazione? Il suo stato di banconota falsa rischiava addirittura di lasciarlo dimenticare per l’eternità in un cassetto. Essere gettato via sarebbe stato anche peggio, un’azione legata al suo non-valore. Secondo quanto asseriva la signora carta, in mancanza di un’azione pura, che fosse positiva o negativa, sarebbero stati condannati a vivere un lento degrado in quella condizione e all’interruzione definitiva del Karma. La fine dell’esistenza, il nulla. Allora sarebbe stato meglio essere bruciato e farla finita subito, quanto era il tempo di degradazione della cenere? Dopo una lunga pausa, chiuso in muta disperazione, aveva rotto il silenzio domandandole il perché di quella loro, a dir poco, bizzarra trasmigrazione. — Non ti conosco e non credo che saremo ancora assieme abbastanza da consentirmi di esprimere un’ipotesi riguardo la tua situazione ma posso parlarti della mia. Nel mio ruolo di direttrice intervenivo spesso agli sportelli nel caso di operazioni sulle carte di credito e quando veniva fuori qualche irregolarità, ad esempio se erano state svuotate per via dell’ingenuità dei possessori nel tenere nascosto il pin, facevo fatica a nascondere che godevo dell’espressione sperduta e disperata delle vittime, specialmente osservandole mentre distruggevo le carte con le forbici. Credo sia questa la causa del mio stato . — Lui pensò a quando aveva allo sportello persone che si ritrovavano a depositare banconote false. Ricordò la lite con un cliente che gli aveva chiesto irritato cosa avesse da sorridere, dopo che lui gli aveva fatto notare che una banconota da 500 era falsa. Non si era nemmeno accorto di ghignare, una cattiveria innata che faticava a riconoscere, in fondo era una brava persona, aveva solo quel piccolo difetto ed essere trasmigrato in quel modo gli sembrava una punizione troppo severa. — Un anno fa ho incontrato mio zio, da un barbiere. — aveva detto la carta interrompendo i suoi pensieri, — Trasmigrato in un fon. Anche lui nella vita precedente era stato barbiere e verso la pensione aveva preso questa inclinazione sadica di godere quando un cliente si lamentava d’essere scottato mentre gli asciugava i capelli, forse solo perché stanco e stressato da una vita di lavoro. Un mese dopo non c’era più, un pettine mi ha detto che era trasmigrato, la figlia del barbiere lo aveva usato per far volare le bolle di sapone alla sua festa di compleanno. — Avevano continuato a parlare tutto il viaggio fino alla loro separazione, poi lui era stato estratto dal portafoglio per pagare caffè, cornetto e sigarette all’autogrill. Ora dalle mani della cassiera passava accartocciato in malo modo nella tasca del banconista dell’autogrill, osservato come un fesso dagli astanti, tutto rosso in viso. Rivide la luce poco dopo, su un bellissimo belvedere a strapiombo sul mare. Il banconista si era dato appuntamento con la ragazza e avevano appena consumato i panini che aveva preso al supermercato. — Guarda che mi hanno rifilato. — fece il banconista passandolo nelle mani della ragazza. — Sono false? Però sono fatte bene. — rispose lei strofinandolo tra le dita, — e ora cosa ci fai? —. — …e che ci vuoi fare. — disse riprendendolo e girandolo da una parte e dall’altra in una pausa terrificante, che se l’ex impiegato di banca non fosse stato di carta avrebbe versato fiumi di sudore freddo. — Vuoi vedere perché si dice che i soldi volano? — disse il banconista poggiandolo sul muretto e cominciandolo a piegare. Poco dopo un aeroplanino azzurrognolo volteggiava sullo sfondo celeste, planando dolcemente verso il mare. Riuscì a godersi solo un attimo di quel meraviglioso volo panoramico e mentre le onde svolgevano le pieghe del minuscolo velivolo distendendone la forma nativa di banconota, rimaneva abbagliato dalla luce nel reparto nascite di un remoto ospedale. In un’osteria su una strada provinciale, l’ultima immagine della signora imprigionata nella carta di credito prima di vedere il paesaggio diventare piccolo sotto di lei fu la dentatura del camionista che, in assenza di stuzzicadenti, la stava utilizzando nascosta tra le mani per liberarsi di un brandello di braciola. Nel frattempo, nel mezzo dell’oceano Atlantico settentrionale, un rattrappito pallone Super Santos, reduce da una movimentata pasquetta in spiaggia, affrontava la traversata in direzione delle Americhe. Sì era proprio lui, Cristoforo Colombo.